Franco Battiato ha attraversato tre decenni della musica italiana ma se dovessimo connotare la sua Arte con gli stilemi, le tendenze, le mode che hanno percorso questi anni, la troveremmo sempre estranea, altera, alternativa perchè molto più avanguardistica nella sua estetizzante multiculturalità. Battiato ha creato – con le sue canzoni (ma il termine è riduttivo) – un precipitato di forma all’inteno del quale fondere la materia incandescente dello sperimentalismo elettronico con l’ipnosi minimalista della musica contemporanea; il classicismo sinfonico e lirico con le sonorità mediorientali e russe; testi furistici e dadaisti, citazionali ed evocativi con una scrittura pregna d’una intensa e filosofica ascesi. Il risultato è stato un sublime e fatale nettare divino che ha fatto delle sue opere una macchina del tempo e dello spazio che ci ha immersi nel profondo delle memorie del subconscio collettivo…oppure canzoni che fanno l’effetto esaltante di una dose di cocaina o di un allucinogeno…: forse si è capito che nutro una certa ammirazione per Battiato e – nonostante io ami il cinema – è stata una fremente costrizione limitarmi ad una intervista solo su questo argomento…
Una domanda assolutamente generica per fissare le coordinate: il cinema, gli autori, i generi che lei preferisce ?
Dividerei il discorso tra un cinema casalingo che passa attraverso la televisione e vedo la sera, dopo una giornata di lavoro, e che, quindi, deve avere delle caratteristiche particolari, essere rilassante, distrattivo…ed in questo caso le mie preferenze sono per i thriller ben confezionati, per i polizieschi. Però quella che veramente mi appassiona è la cinematografia sperimentale, lo sperimentalismo mi ha sempre interessato anche se preferisco gli esprimenti riusciti: mi viene in mente il David Lynch de Le ali perdute che mi è piaciuto molto…oppure un film straordianario di Manuel De Oliveira ambientato in un convento, I misteri del convento con Catherine Deneuve e John Malkovich.
Nella regia della sua turnè dello scorso anno, molti critici hanno parlato di ispirazione teatrale mentre io vi ho visto maggiormente una ispirazione da cinema sperimentale con quegli sfondi proiettati su cui lei si muoveva…
E’ più giusta la sua interpretazione. L’ inizio dello spettacolo è addirittura un omaggio a Kurosawa, ispirato ad un suo film che amo molto: Sogni.
A proposito di cinema sperimentale, ci sono film che potrebbero avvicinarsi struttralmente alla forma dei suoi primi concept-album come Fetus, Pollution?
Non ci ho mai pensato, non mi viene in mente niente anche se gli anni ‘70 sono stati un’epoca densa di esperimenti in tutte le arti difficilemente, però, riconducibili a matrici simili.
Uno dei suoi “fan” più noti è Nanni Moretti. Lei apprezza il cinema del regista romano incondizionatamente oppure...
Moretti è un autore importante nella storia del cinema italiano, che piaccia o no. Aldilà dei gusti. Invece ci sono registi che non appartengono a questa categoria assoluta, possono essere soggetti a giudizio e criticati. Moretti è quasi un universo indipendente. In Caro diario, nell’ ultimo episodio sui medici, vi ho trovato espresso un cinema strepitoso: generalmente il film di denuncia ha dei limiti, estetici sopratutto, è troppo contingente e non riesce ad essere vera Arte; ma quando diventa Arte, allora è fenomenale. Cioè quando la posizione critica, l’ osservazione diviene, da riflessione personale, sintesi collettiva…oggettiva. Ed allora non è più, solamente, denuncia ma espressione artistica.
Ho litigato con amici perchè ritengo un brano come Shock in my town , qualcosa che si stà allontanando dalla canzone tradizionale per diventare, quasi, un “oggetto tecnologico”…
Ah sì? E gli altri cosa sostenevano ?
Gli altri la consideravano un po’ shockante appunto, io invece l’ ho vista come una sua ripresa del ruolo di assoluto innovatore della musica italiana.
Devo e voglio sempre fare in conti con il mio continuo desiderio di rinnovamento perchè la cosa che mi fa più tremare è la ripetizione ossessiva degli stilemi tipici di un autore che copia se stesso. Sto tentando in questi ultimi anni – visto che faccio musica da tanto tempo – di mirare soprattutto al rinnovamento linguistico, dunque è molto facile che il prossimo disco sia diverso da quello che ci si può aspettare: sarà diverso da Fleurs come questo lo è stato da Gommalacca. A proposito di David Lynch, vidi una intervista da Cannes sul suo ultimo film e c’erano i soliti giornalisti, più realisti del Re che commentavano “..ehh, però non è Lynch !…” Che significa non è Lynch ? L’aspettativa che si ha da un artista è quella che si ripeta ?
Quanto ci stiamo allontanando dalla forma classica della canzone e del film per avvicinarci alla forma asettica ed ignota dell’ oggetto tecnologico ?
Come al solito il mondo vive sempre all’ interno di “insalate” di tutti i tipi, di commistioni culturali e sociali, c’è di tutto. Sembrava impossibile che nel 2000, e dopo tanta Storia, ci fosse ancora gente ignorante e primitiva ed invece la mancanza di consapevolezza è aumentata. Più si aprono i nuovi territori tecnologici, avanzatissimi, più esiste anche il “tribale urbano”, quello che non legge, non si interessa, non si documenta, che non conosce neanche il Passato. Come si canta in Shock in my town.
Sentendo alcune canzoni presenti in Mondi lontanissimi, penso a Via lattea o No time no space, ho sentito molto forte una ispirazione proveniente da certa cinematografia o letteratura di fantascienza….
E’ vero. Diciamo che quell’album non è vicino a film commerciali come Guerre stellari ma ad un’ altro livello cinematografico nel quale il film è anche una ricerca più profonda. Senz’altro un esempio è 2001 Odissea nello spazio. L’ho rivisto di recente e la cosa che ritengo più debole è la componente elettronica, quando cioè manca l’elemento umano. L’evoluzione tecnologica è stata rapidissima e ad esempio il lavoro di sonorizzazione che hanno fatto allora, qualunque computer da quattro soldi attuale lo rifarebbe anche meglio. E’ sempre più sicuro e esente dal rischio di diventare datato, puntare maggiormente sui “fenomeni”.
Molti vedono in lei il cantore di una musica multietnica. Ma io parlerei quasi di più di una multietnìa temporale anzicchè spaziale. Penso agli arrangiamenti di Declin and fall of the Roman Empire o alla marcetta mozartiana in Temporary road: è più affascinante vagare nello spazio o nel tempo?
Questa osservazione è molto interessante. Ogni “navigazione” ha una sua valenza ma è vero che anche il percorso storico mi ha sempre interessato molto. Come se salissi su di una macchina del tempo immaginaria ed andassi a rivisitare civiltà passate, epoche remote che, proprio per la loro arcaicità, esercitano una fascinazione struggente.
Da Es un sentimento nuevo a Fornicazione a La preda c’è questa vena di erotismo orientaleggiante nella sua musica. Nel cinema si è mai riusciti a fare erotismo o da questo si passa direttamente alla pornografia?
Si passa direttamente alla pornografia. Ho sempre visto utilizzare, specialmente nel cinema americano, un’ottica maschile e virile del sesso che è la cosa più detestabile, un aspetto violento ed univoco del sesso che lo allontana molto da quella visione che ne dà l’Oriente…no, d’erotismo al cinema non ne ho mai visto.
Quanti artisti, registi hanno avuto false partenze a causa di produzioni spesso miopi: penso alle sue canzoni pop degli anni ‘60 come Bella ragazza, E’ l’amore, Marciapiede…
La storia artistica è sempre legata all’ individuo reale, se questo ha la volontà di essere fino in fondo sè stesso. L’industria discografica, ma anche quella cinematografica, hanno sempre seguito i gusti del pubblico e l’artista – che è già da sè uno che media creativamente, anche a livello inconscio, con gli umori del pubblico – si trova vittima di una doppia censura, esterna ed interiore. Io non ho mai avuto problemi perchè anche quando ho fatto cose “assurde” è stata sempre per mia volontà, essendone consapevole.
C’è una cinematografia che sente restituire o avvicinarsi al suo Pensiero ?
E’ molto difficile, sarebbe come trovare un’ anima gemella. Non sempre sentire un mondo affine, però, è una conquista. Non è detto che sia confortante sapere che c’è qualcuno che la pensa come te. Invece è bello incontrare registi o scrittori, che ti diano delle aperture di senso che tu “registri”, che apprezzi ma a cui non arriveresti creativamente, che non sono tue. E quindi apertura della tua conoscenza ed un allargamento del tuo stato di coscienza. Ecco, questo è molto più importante ed arricchente rispetto a, magari, avere una conferma dell’“ecco, io avrei fatto così…”
Dunque dal momento che I’ha sempre interpretato autoironicamente come vive questo mestiere dal punto di vista del musicista?
Poichè considero il supporto video un contributo d’immagini doveroso, che ha poco a che vedere con quello che mi interessa, non ho mai preso seriosamente la mia posizione sul set, divertendomi. Probabilmente, però, se dovessi recitare in un film, non subalterno ad una canzone, sentirei maggiori responsabilità.
In Zai Saman parlava di una invasione di orde di fanatici dall’ Islam, pensa sia un rischio reale?
L’invasione c’è già, è già iniziata e monta velocemente. Sono convinto che, come sostiene qualche teorico, l’ essere umano non abbia mai smesso di essere in guerra.
“…Nei corridoi genetici delle razze ritrovo frammenti della memoria…” è il testo di una canzone che lei ha scritto per Giuni Russo. Quali elementi di comunicazione e di memoria collettiva, validi per tutti i popoli, ritrova nel cinema ?
Sul cinema si sono espresse veramente menti autorevoli, il cinema è una di quelle arti nuovissime che fino ad un secolo fa poteva apparire pura illusione, un sogno fantastico ed, invece, poi è stato inventato. Ed il cinema è una di quelle arti che dimostra la provenienza altissima della razza umana. Lungo la Storia si sono intuite possibilità che sembravano molto più grandi delle potenzialità dell’uomo. Ed il cinema è l’Arte che, più di tutte, ha saputo reificare queste lontane ipotesi di Realtà ancora inesistenti. Ed il cinema è una sintesi perfetta perché è “inesistente” ma è anche una dimensione reale e tangibile allo stesso tempo.
Quale rapporto ha lei con la critica?
In generale, buono. Posso citare quella frase di Mark Twain sui giornalisti, una osservazione molto simpatica …ovvero che i giornalisti sanno in realtà dove sia la Verità e dove siano le “balle” ma poi, lucidamente, decidono di raccontare le balle!
E se qualcuno oggi le chiedesse ancora qual è il suo “Centro di gravità permanente”, lo ucciderebbe come farebbe Moretti o è più clemente?
Moretti ha colto bene certi desideri che mi vengono con alcuni critici molto “fantasiosi”, ma alla fine sopporto perché oramai sono abituato a tutto.
Internet?
Internet è un avamposto del Futuro che è già penetrato nel Presente. Di fronte alle innovazioni si rischiano sempre le solite frasi misoneiste come con il primo aeroplano “ma figurati se riesce a volare!” Oppure con i primi telefoni “non durerà più di cinque anni” sì ed ora c’è Internet!
Spesso alcune sperimentazioni nel cinema si sono rivelate fini a se stesse. Ad esempio, a livello musicale, che ne pensa del binomio originalissimo ma “freddo” che c’è stato tra Battisti ed il poeta Panella?
La cosa che ho trovato debole nel binomio tra Battisti e Panella è soprattutto la scelta troppo severa che ebbe Battisti di far cose troppo facili. Sembra un ossimoro ma non lo è. Battisti doveva portare avanti una ricerca più seria sulla musica, invece sembrava che musicasse il testo così, con le prime note che gli venivano in mente. Le melodie erano troppo semplici, con ritmi elementari, non c’era un vero studio dietro, una ricerca sorretta da motivazioni forti. Pur avendo sentito cose anche molto riuscite. Quella fase di Battisti mi ha dato molto la sensazione di uno stile futirista, del distruggere senza realmente creare una vera alternativa.