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Il cinema secondo Pirandello

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di Flavia Fattorini

by Redazione
4 Gennaio 2000
in Archivio, Editoria del cinema
302 12
0
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Sul tema dei rapporti tra Pirandello e il cinema sono state scritte innumerevoli pagine da storici del cinema, scrittori di teatro, critici letterari.
Il ventaglio di specialisti impegnati su aree attigue ma diverse è ampio perché ampio è il rapporto tra Pirandello e il cinema.
Pirandello con il romanzo Quaderni di Serafino Gubbio Operatore è tra i primi scrittori ad occuparsi del mondo del cinema, sottolineando come questo avesse realmente inciso e modificato il modo di comunicare.


Luigi Pirandello ha lasciato molti progetti per il cinema fra cui alcuni del tutto originali, altri in forma di adattamento di sue opere narrative e teatrali, e ancora alcuni scritti e dichiarazioni collocati sul finire del Ventennio intorno al grande problema del sonoro.
Nel romanzo definitivamente pubblicato nel 1925 ma elaborato fin dal 1904, lo scrittore esprime in forma narrativa o meglio diaristica, le intuizioni sulla natura della macchina da scrivere e sul racconto cinematografico.
Variamente interpretato come denuncia della modernità, impassibilità dell’arte, presa di posizione dell’autore contro il cinema, il libro descrive il rapporto uomo-macchina grazie alla figura del protagonista, l’operatore Serafino Gubbio.
Serafino fornisce a Pirandello la possibilità di costruire una grande impalcatura metaforica dedicata alla problematica dell’identità scissa e inafferrabile dell’uomo moderno, del suo rapporto con la realtà antiumana della macchina. Ecco allora l’occhio vitreo dell’obiettivo cinematografico che s’impossessa dell’immagine degli attori che vive per un attimo sul telone, per poi scomparire; ecco la macchina da presa che si è impadronita di Serafino, ridotto niente più che ad una parte del congegno. Su questa alienazione è centrata tutta l’opera; fin dalle prime pagine l’autore descrive la non identità di Serafino, impassibile anche davanti alla morte.
Il romanzo subisce l’influenza del linguaggio cinematografico contaminando l’andamento della narrazione che procede per immagini folgoranti, flash narrativi e un ritmo rapido e incalzante. Ma il romanzo è anche l’occasione per far luce sul rapporto uomo-macchina inteso come rapporto tra letteratura, teatro e cinema. Proprio sulla relazione tra cinema e letteratura è basata una parte dell’importante articolo Se il film parlante abolirà il teatro redatto da Pirandello nel 1927. Dalle dichiarazioni pirandelliane emerge una concezione del cinema indipendente dalla letteratura e dunque arte autonoma rispetto alle altre.
“L’errore fondamentale della cinematografia – afferma l’autore – è stato quello di mettersi fin da principio su una falsa strada, quella della letteratura; bisogna lasciare la narrazione al romanzo e il dramma al teatro; che la cinematografia si serva solo in parte della letteratura per trovare la sua vera espressione, solo così compirà la sua vera rivoluzione”.
Dunque la posizione di Pirandello non va considerata come conservatrice e ostile nei riguardi del film sonoro: ciò che lo scrittore siciliano teme è che il cinema possa perdere, con il realistico apporto della parola, quel carattere di libera fantasia e visionarietà che gli si riconosce come elemento specifico e peculiare nei confronti del teatro.
L’autore intuisce la straordinaria possibilità espressiva del cinema come mezzo indagatore del dualismo tra forma e vita, l’apparenza degli uomini e delle cose, ma anche l’essenza che gli abiti nascondono.
Pirandello dunque si lega all’industria cinematografica, che in aggiunta a ciò gli offre anche la possibilità di migliorare le sue condizioni economiche. Il nome di Pirandello appare in momenti significativi del cinema degli anni Trenta; il passaggio dal muto al sonoro avviene con il film La canzone dell’amore diretto da Gennaro Righelli nel 1930, il cui soggetto è ricavato dalla novella pirandelliana In silenzio.
L’interesse di Luigi Pirandello verso il cinema testimonia il mutato atteggiamento degli intellettuali nei confronti del cinema, considerato solo come un divertimento e non come una forma d’arte. D’ora in avanti letterati ed intellettuali collaboreranno alla redazione non solo di soggetti, ma anche delle sceneggiature e dei dialoghi dei film.

Il rapporto tra Pirandello e il cinema, le sceneggiature proposte dallo scrittore, i progetti incompiuti, i film realizzati da opere pirandelliane sono stati ampiamente trattati nei seguenti libri:
Francesco Callari, Dal romanzo al set, Bari, Dedalo, 1989;
Vito Attolini, Dal romanzo al set, Bari, Dedalo, 1988;
Giuseppe Petronio, Pirandello e D’Annunzio, Palermo, Palumbo, 1989;
Sandro Bernardi, Introduzione alla retorica del cinema, Firenze, Le Lettere, 1994; AA.VV., Pirandello e il cinema, Atti del Convegno Internazionale del centro Nazionale di Studi Pirandelliani a cura di Enzo Lauretta, Agrigento, 1978.

 

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